Spirito dell' Ovest
Moderatori: Pinchuruwia, Tuna, Mayu
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Autunno (V. Cardarelli)
Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Che meraviglia.
Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Che meraviglia.
CASTAGNE E MELE
copio qualche frammento dai vecchi libri di nonna Corvaccio:
(il contenuto delle parentesi invece è mio )
Castanea sativa
Questa pianta lega strettamente fra loro l'ipofisi e le surrenali, Giove e Venere, ossia la grande e la piccola fortuna.
Quindi è il simbolo di un iter alchimico di rigenerazione.
I suoi frutti, le castagne, sono considerati anche frutti funerari e costituiscono il pasto rituale del giorno della commemorazione dei defunti.
(che oops! si approssima )
(castagne e vino rosso tanto graditi sia ai morti sia ai vivi di questa stagione! )
Malus communis (mezzo gaudio )
La pianta del Melo (anch'essa sotto l'egida di Giove e Venere), e in modo particolare il suo frutto, la mela, mette in luce l'aspetto sessuale dell'ipofisi.
Sulle tombe elleniche la mela era spesso associata ad Eros, che veniva raffigurato con un cesto traboccante di tali frutti. La Venere Urania, la Venere che va al di là del fatto generativo, era rappresentata con una mela in mano. Lo stesso episodio biblico di Adamo ed Eva venne rimaneggiato per introdurvi appunto il simbolo della mela, con lo scopo di sottolineare l'importanza dell'uso del sesso (o dell'energia sessuale) ai fini della palingenesi umana. Possiamo trovare questo frutto in quasi tutti i miti che parlano di ascesi. Note a tutti sono le mele d'oro del giardino delle Esperidi, che vennero raccolte da Ercole dopo molte peripezie. Nel ciclo bretone di Re Artù incontriamo l'isola delle mele "quae Fortunata vocetur" ("che è chiamata Fortunata" embé Giove e Venere...). Gli dei nordici, per mantenere intatta la loro immortalità, si cibano di un'ambrosia ricavata dal succo delle mele, raccolte da un albero, alla cui guardia era un serpente. (etc etc)
(chi desidera il miele di melo, potentissima prelibatezza venusiana... in questo cerchio c'è chi lo produce )
da: Il volo dei sette ibis, erboristeria alchimica, edizioni Kemi.
copio qualche frammento dai vecchi libri di nonna Corvaccio:
(il contenuto delle parentesi invece è mio )
Castanea sativa
Questa pianta lega strettamente fra loro l'ipofisi e le surrenali, Giove e Venere, ossia la grande e la piccola fortuna.
Quindi è il simbolo di un iter alchimico di rigenerazione.
I suoi frutti, le castagne, sono considerati anche frutti funerari e costituiscono il pasto rituale del giorno della commemorazione dei defunti.
(che oops! si approssima )
(castagne e vino rosso tanto graditi sia ai morti sia ai vivi di questa stagione! )
Malus communis (mezzo gaudio )
La pianta del Melo (anch'essa sotto l'egida di Giove e Venere), e in modo particolare il suo frutto, la mela, mette in luce l'aspetto sessuale dell'ipofisi.
Sulle tombe elleniche la mela era spesso associata ad Eros, che veniva raffigurato con un cesto traboccante di tali frutti. La Venere Urania, la Venere che va al di là del fatto generativo, era rappresentata con una mela in mano. Lo stesso episodio biblico di Adamo ed Eva venne rimaneggiato per introdurvi appunto il simbolo della mela, con lo scopo di sottolineare l'importanza dell'uso del sesso (o dell'energia sessuale) ai fini della palingenesi umana. Possiamo trovare questo frutto in quasi tutti i miti che parlano di ascesi. Note a tutti sono le mele d'oro del giardino delle Esperidi, che vennero raccolte da Ercole dopo molte peripezie. Nel ciclo bretone di Re Artù incontriamo l'isola delle mele "quae Fortunata vocetur" ("che è chiamata Fortunata" embé Giove e Venere...). Gli dei nordici, per mantenere intatta la loro immortalità, si cibano di un'ambrosia ricavata dal succo delle mele, raccolte da un albero, alla cui guardia era un serpente. (etc etc)
(chi desidera il miele di melo, potentissima prelibatezza venusiana... in questo cerchio c'è chi lo produce )
da: Il volo dei sette ibis, erboristeria alchimica, edizioni Kemi.